UN'IDEA DEL QUEER
Il CIRQUE nasce dalla convinzione che il queer abbia la potenzialità di mettere in rete programmi di ricerca a raggio molto ampio e con potenzialità innovative sia sotto il profilo intellettuale che dal punto di vista sociale, etico e politico.
Fin dalle prime teorizzazioni, il campo proprio del queer è stato individuato nella decostruzione delle identità e nella messa in questione delle rappresentazioni. In anni recenti, il termine ha visto una fortuna anche nei media mainstream e nella cultura popolare che ne sta cambiando (ancora) il senso e la portata politica. In particolar modo, l’emergere di un’estetica “queer”, basata sulla riappropriazione parodica di codici egemonici e incarnata in testualità polimorfe e intermediali, pone una sfida cruciale agli strumenti ermeneutici sinora elaborati dalla teoria queer: uno degli obiettivi del CIRQUE è di registrare e riflettere su questi cambiamenti, e di investigare i diversi sensi che “queer” assume nei vari contesti d’uso.
Si è inoltre consolidata, in anni recenti, la relazione tra studi e pratiche queer e la comunità Lgbtqia+, dove nell’acronimo esteso la Q sta, in maniera proficuamente ambivalente, sia per “questioning” che per “queer”. Ritenendo problematica l’inclusione in un acronimo identitario di un termine che sostiene la sovversione del processo di identificazione dei soggetti – e delle politiche dell’identità ad esso collegate – il CIRQUE intende il queer come azione anti-identitaria che non si limita alla decostruzione del genere sessuale, ma è attraversato da altre istanze di rivendicazione tra cui, ad esempio, l’antispecismo e la neurodivergenza. Queste propagazioni contagiose proseguono nell’obiettivo primario del pensiero queer di interrogare nel modo più radicale le categorie attraverso cui ogni società determina il destino delle sue componenti individuali e collettive, e di evidenziarne dinamiche di privilegio e accesso ai luoghi – anche simbolici – del potere.
Gli strumenti del materialismo culturale e del femminismo intersezionale fondano la possibilità degli studi queer di leggere e denunciare la strutturalità delle ineguaglianze basate su sistemi di gerarchia materiali e immateriali, che si integrano in un sistema di soggettivazione coercitiva in cui l’accesso ai sistemi di privilegio è direttamente proporzionale all’adesione alla norma. Il progetto illuminista di estensione universale dei diritti si fonda infatti fin dal suo esordio su un apparato di standardizzazione e omologazione che opera forme di gatekeeping differenziato nell’accesso alla cittadinanza e nella possibilità di reclamare diritti per sé e per la propria comunità di riferimento. Il queer, a partire dalla Queer Nation, mette in discussione, proprio questo sistema di “concessione” dei diritti a singole identità o soggettività che smantellando l’intero processo di soggettivazione, un apparato che rappresenta l’oggetto al tempo stesso più generale e più tangibile di una critica queer radicale.
Una delle chiavi di volta del pensiero queer è il ripensamento non lineare della temporalità: è quindi inevitabile che la proiezione del queer verso un futuro per certi versi utopico si accompagni necessariamente a un ritorno rigoroso e creativo alle radici del queer: al queer come strano, sghembo, non assimilabile, non comprensibile, alieno rispetto a un contesto uniforme e prevedibile e a qualsiasi tentativo, non importa quanto insidioso o violento, di omologazione. Ma anche e soprattutto a una critica delle categorie e delle loro rappresentazioni che denunci, nei termini più coraggiosi e intransigenti, il ricatto identitario, e che sostenga una riappropriazione creativa e gioiosa delle categorie ‘marginali’ che nel queer hanno storicamente trovato, se non una comunità, un demos di appartenenza.